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Darfur, rapiti tre operatori umanitari, c'è un italiano

Ultimo Aggiornamento: 12/03/2009 14:21
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12/03/2009 14:21
 
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Tre operatori umanitari di Medici Senza Frontiere, tra cui un medico italiano, rapiti ieri sera nel Darfur, la tormentata regione del Sudan, sono ancora nelle mani dei sequestratori. Lo riferisce oggi la sezione italiana di Medici Senza Frontiere. Continua a leggere questa notizia
"Possiamo confermare che uno dei rapiti è un medico italiano, per il momento non ne forniamo il nome", ha detto a Reuters per telefono un portavoce di Medici Senza Frontiere in Italia.
"Gli altri due operatori internazionali sono una infermiera canadese e il coordinatore francese della missione", ha detto il portavoce, aggiungendo che si ignora chi siano i rapitori e che finora non è stato chiesto alcun riscatto per la liberazione dei sequestrati.
"Le famiglie sono state avvertite".
Il ministero degli Esteri, che ha confermato la notizia della presenza di un italiano tra i rapiti, dice un comunicato, è entrato in silenzio stampa. La Farnesina si limita a dire che "ha avviato tutte le necessarie azioni per promuovere la positiva soluzione del caso" e che ha chiesto al governo del Sudan di non intraprendere azioni che possano compromettere "la piena salvaguardia dell'incolumità del connazionale".
Il sequestro, ha detto il portavoce di Msf, è avvenuto alle 19 ora locale di ieri nella cittadina di Serif Umra, nel Darfur settentrionale, dove Msf presta assistenza sanitaria primaria a circa 7.000 persone al mese, secondo il sito web di Msf Belgio, che gestisce il progetto.
Secondo quanto reso noto dall'Unamid - la forza di pace internazionale in Darfur - i rapitori, che erano armati, hanno catturato inizialmente sei persone, rilasciando poco dopo un collaboratore locale. Msf dice che all'inizio i sequestrati erano in tutto cinque, ma che in nottata poi i rapitori hanno liberato due operatori sudanesi.
Msf Belgio è ancora presente in Darfur, a differenza della sezione olandese e di quella svizzera dell'ong, espulse dal Sudan a seguito dell'incriminazione del presidente sudanese Omar Hannas el-Bashir per crimini di guerra nella regione da parte del Tribunale Penale Internazionale (Icc).
Alcuni analisti ritengono che la decisione dell'Icc potrebbe provocare ulteriori violenze nel Darfur, dove peacekeeper e civili sono già rimasti vittime del conflitto, scoppiato nel 2003, quando i ribelli, in gran parte di etnie diverse da quella araba, presero le armi contro il governo centrale.
Lunedì scorso uomini armati hanno ferito quattro soldati della forza di pace in un'imboscata.
Secondo esperti internazionali, nella regione, in gran parte desertica, sono state uccise almeno 200.000 persone, mentre per il governo di Khartoum le vittime sarebbero 10.000.



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