"Seme in provetta per i mafiosi"

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giuggyna
00mercoledì 20 febbraio 2008 17:31
Sì della Cassazione ai detenuti 41 bis
La Cassazione dà il via libera ai detenuti reclusi in carcere in regime di 41 bis per poter usufruire dei trattamenti per la procreazione assistita. In pratica, i detenuti al carcere duro che hanno moglie o con problemi di fecondità, possono ottenere che il loro liquido seminale sia portato fuori dal carcere. I giudici hanno accolto il ricorso del boss mafioso Salvatore Madonia al quale l'amministrazione carceraria aveva detto di no.


"Il trattamento penitenziario deve essere conforme ad umanità e deve assicurare il rispetto della dignita' della persona'' e, nei confronti dei detenuti, anche quelli al 41bis, ''non possono essere adottate restrizioni non giustificabili e non indispensabili a fini giudiziari'', ha motivato la sua decisione la Suprema corte.

In particolare la Sezione I della Cassazione con la sentenza 7791 ha criticato la decisione con la quale la magistratura di sorveglianza de L'Aquila, lo scorso 4 maggio, aveva dichiarato ''il non luogo a provvedere'' in merito al reclamo presentato da Madonia contro il provvedimento con il quale il Dap, il 30 gennaio 2007, aveva rigettato la sua richiesta di accedere al programma di procreazione assistita in base alle 40 del 2004.

Madonia aveva fatto presente che il gup del tribunale di Palermo, il 29 maggio 2006, e poi anche il presidente della Corte di Assise di Palermo, il 26 settembre 2006, lo avevano autorizzato ''al prelievo di liquido seminale al fine di consentire alla moglie, affetta da problemi di fecondità, di accedere, alla procreazione medicalmente assistita''.

Il Dap aveva negato l'autorizzazione al prelievo sostenendo che la legge 40 ''postula la massima tutela del nascituro, nel caso concreto non realizzabile data la situazione di detenzione del genitore''. Inoltre il Dap sosteneva che esistevano ''finalità preventive connesse alla custodia dei soggetti inseriti nel circuito del 41bis'', che impedivano il prelievo.

Contro questa decisione Madonia aveva fatto ricorso al magistrato de L'Aquila, il quale aveva spiegato che ''le attività che il Madonia dovrebbe compiere non implicano alcuna uscita dal carcere e neanche dalla propria cella, per cui (il prelievo in questione) non può qualificarsi come trattamento sanitario'' previsto dall'organizzazione penitenziaria.

Il magistrato sosteneva che del caso si doveva occupare esclusivamente il Dap ma la Cassazione ha giudicato ''fondata'' la protesta di Madonia. "In situazioni come quelle del boss - ha spiegato Piazza Cavour - il sacrificio imposto al singolo non deve eccedere quello minimo necessario e non deve ledere posizioni non sacrificabili in assoluto''.

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