Avete sentito che roba? Vi posto un tema che ho fatto x scuola:
È tornata il 23 agosto scorso, Natascha Kam-pusch, la ragazza Vien-nese diciottenne rapita otto anni fa, all’età di dieci anni, il 2 marzo del 1998 da Wolfgang Priklopil, uno squi-librato, che la osservava probabilmente da mesi.
Stava andando a scuola quella mattina ed era molto triste per aver litigato con la madre e credette che fu la malin-conia a farle venire una stretta allo stomaco, un presagio di sventura quando lo vide, che la osservava, vicino al suo furgone bianco. Aveva sentito parlare dei pedo-fili a scuola e pensò di cambiare marciapiede, ma poi, invasa da un’ondata di coraggio e ottimismo andò avanti, pensando che più di tanto non le avrebbe fatto.
Fu l’attimo che le cambiò la vita, una frazione di secondi che non si possono scordare dare, quelli in cui lui la prese per un braccio e la scaraventò nel furgon-cino.
Le mentì dicendo che quello era un rapimento per estorsione e che se i suoi genitori avessero pagato sarebbe tornata a casa la sera stessa o il giorno dopo. La verità era che lui la voleva tenere semplicemente con se, un po’ come figlia, un po’ come animale domestico e un po’ come schiava.
La lascia sola, in una stanza buia e scono-sciuta, con un venti-latore acceso che la fa impazzire. Passa mez-
z’ora prima che lui torni per attaccare una lampadina al lampa-dario, e può finalmente vedere di trovarsi in uno scantinato largo due metri per tre. La sua nuova camera. La pri-gione dove vivrà per sei mesi, senza mai uscire, fino a quando lui le darà il permesso di usare il suo bagno per farsi la doccia.
Natascha comincia a fare dei lavori di casa, cucina, spazza e puli-sce.
Per tantissimo tempo non ha avuto notizie del mondo, poi le ha per-messo di guardare dei telegiornali su ORF, solo però quando fu si-curo che non si parlasse più di lei; poi le ha comprato dei giornali, prima settimanali e poi quotidiani. Le regalò molti libri, romanzi, ma anche scolastici. Aveva, giustamente, il pallino rimanere in pari, di avere un livello cul-turale superiore, o alme-no come quello dei suoi coetanei. Parla, infatti, un tedesco perfetto per la sua età, e soprattutto per una ragazza che ha parlato poco per tanti anni.
Per i primi tempi fu sicura che la polizia l’avrebbe trovata, ma poi, col passare degli anni le ricerche diminu-irono, credendola mor-ta.
Decise di non poter più vivere così e cercò il momento giusto per scappare, ma prima do-veva conquistare piena-mente la fiducia di Pri-klopil.
Un giorno si trovò in garage, insieme a lui, a pulire la macchina con l’aspirapolvere, la porta era aperta e a lui squillò il cellulare. Non riu-sciva a sentire bene per il rumore dell’aspira-polvere, così entrò in casa, lasciandola sola. Non si poteva far sfug-gire un’occasione del genere, quindi ha corso, corso, corso, cor-so entrò in una casa e chiese di poter usare il telefono per avvertire la polizia.
Momentaneamente è in un centro di psichiatria e il 6 settembre ha accettato di farsi inter-vistare.
È senza dubbio una ra-gazza intelligente, forte e coraggiosa, accultura-ta e sensibile.
Dopo la sua fuga Pri-klopil si è suicidato, rendendo (così dice lei) assassini indiretti, se stessa, l’amico che l’ha accompagnato alla sta-zione e il macchinista che guidava il treno sotto il quale si è buttato.
Non credo si debba sentire in colpa, anche se lui le aveva detto che se fosse scappata si sarebbe ucciso. Non si può assumere le colpe di una persona che l’ha maltrattata, e che per di più ha perso la vita volontariamente.
Tutto il mondo vuole sapere tutto di questa storia, e si prevede già che quella di Natascha Kampusch diventi la faccia più conosciuta dell’anno.