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Michelle: «Il mio sogno erotico? Fare l'amore immersa nel cioccolato»

Ultimo Aggiornamento: 26/12/2008 00:04
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26/12/2008 00:04
 
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Su "A" di questa settimana l'intervista alla Hunziker. «Dormo al buio solo se sono estremamente fidanzata»
“Il mio sogno erotico? Fare l'amore immersa nel cioccolato”. Così è nata l'idea per queste immagini. E Nigel Parry ha catturato il momento di Michelle. Una donna che a 31 anni ha ancora paura del buio...

di Luciano Regolo
foto di Nigel Parry per “A”

La copertina di 'A'
La copertina di "A"
Michelle si aggira per lo studio, coperta di cioccolato. Solo di cioccolato. Caldo. Liquido. Fa per mettersi l’accappatoio, poi si volta, maliziosa: «E se venissi ad abbracciarti?». Viene voglia di mangiarla ed è impossibile non dirglielo. Glielo dico, infatti. Una Hunziker così, non si era mai vista.. Nigel Parry, il pluripremiato fotografo americano le cui mostre sono approdate dal festival di Cannes al Los Angeles Museum of Art, scatta concentratissimo, ma io, lo ammetto, sono alquanto distratto: immaginate Michelle a due passi da voi, con l’aroma del cacao che più si muove più la avvolge… La situazione, diciamo, è piacevolmente singolare. E lei lo sa. Nigel Parry, che per “A” , l'ha voluta così, da mangiare - appunto - fa scorrere sul video del computer i primi scatti. Un'anteprima del servizio: «Dovresti immergerti più spesso nella cioccolata, vedi che sguardo ti è venuto fuori?» le dice placido. Lei annuisce, consapevole.

«La cioccolata mi dà lo stesso piacere del fare l'amore. Ti arrivano un sacco di endorfine... La differenzaè che dopo un etto di cioccolata i sensi di colpa ti travolgono. Dopo l’amore no. A me almeno non capita…». Ride, e mentre parliamo di eros giochiamo anche sull'omonimia: Eros è anche Ramazzotti, l’ex marito e padre di sua figlia Aurora, con lui da tempo ha ripreso il dialogo. E sarà per una ritrovata serenità familiare, sarà perché il lavoro va gonfie vele, tra Paperissima, Natale a Rio de Janeiro, il suo secondo cinepanettone, e il bancone di Striscia la Notizia, dietro il quale tornerà in gennaio, cioccolato o no, questa Michelle Hunziker è proprio rilassata.

Conta, certo, l'aver recuperato un equilibrio interiore. Anche se i fidanzati non durano e l’ultima storia, quella con il giovane produttore Luigi De Laurentiis, ha fatto dubitare più di qualcuno. Non sarà stato un flirt più d’immagine che di sostanza? Michelle, comunque, aspetta solo l’uomo giusto. Perché, spiega, vuole un altro figlio.

Le pagine di 'A'
Le pagine di "A"
Nell'attesa dell'uomo giusto, solo cioccolata?

«Sono svizzera, no? La cioccolata è anche legata alla mia infanzia. Mi ricordo lo Scheggi Spieu, un gioco che mi faceva impazzire: mettevano noi bambini tutti attorno a un tavolo e facevano girare un piatto con dentro una tavoletta di cioccolato: bisognavava mangiarla, a turno, usando forchetta e coltello, cosa già di per sé difficile, e nel frattempo bisognava rispondere alle domande di un quiz. Chi sbagliava, cedeva il piatto».

Oggi invece la cioccolata ha a che fare con l'erotismo?
«Più di ogni altra cosa. Anzi sogno spesso… Meglio non dirlo».

Coraggio.
«Il mio sogno erotico ricorrente è fare sesso in una vasca da bagno colma di cioccolato caldo fuso. Consiglio a tutti di provare…».

Ma se lo consiglia, non è solo un sogno…
«Ho un’immaginazione viva. Poi ho dovuto veramente immergermi nel cacao per lavoro e avevo i brividi dappertutto. La consistenza, l’odore, quello che ti entra in circolo. Non voglio aggiungere altro… Ma mi piacerebbe ripetere l’esperienza con un uomo che amo».

Ancora non si vede.
«Non ho un uomo che muova i miei stessi passi. Arriverà, sono certa. Forse quando anch’io sarò in grado di amare la persona giusta. Sotto certi aspetti è come se fosse una questione matematica…».

Che cosa mancava nelle storie che ha vissuto finora?
«Io ho amato tantissimo. Però si cresce e ogni volta aumenta anche la percezione di se stessi. Solo chi è fortunato riesce a cambiare assieme alla persona che ha accanto. A volte per un compagno non è facile accettare i cambiamenti e allora sono guai. È come se si partisse assieme su due auto prima alla stessa velocità, diciamo a 30 km all’ora, poi uno dei due accelera e l’altro continua alla stessa velocità. A un certo punto si perdono proprio. Amarsi davvero vuol dire andare alla stessa velocità, oppure bruciare alla stessa temperatura».

E le pare facile?
«È un compito nella vita. Bisogna almeno tentare. Confrontarsi con l’universo di un uomo non è mai semplice, e ancor meno è la condivisione, però, il gioco vale la candela. Io sono stufa di camminare da sola».

Buttarla in filosofia non le risparmierà le mie domande più prosaiche.
«Guardi che me la vivo proprio così».

Perché non ha mai voluto parlare della sua storia con Luigi De Laurentiis, né all’inizio, né all’addio?
«È un segno di crescita anche questo. Voglio tutelare le mie emozioni, sono sacre per me. Prima di tutto bisogna viverle. Se le gridi ai quattro venti, se diventano qualcosa di scritto, si ancorano. Invece, ogni emozione deve volare libera. Cosa che vale a maggior ragione per un personaggio pubblico sempre sotto il tiro dei fotografi. Meno male, dico io: se ti fotografano vuol dire che funziona. Però bisogna sapersi ritagliare spazi propri».

Che cosa non ha funzionato con Luigi?
«Non ne parlo».

Di lavoro, invece, parlate sempre volentieri. Il prossimo appuntamento con il pubblico è il film delle feste, Natale a Rio de Janeiro.
«Ho un bellissimo rapporto con Neri Parenti. Considero una fortuna aver lavorato con una persona come lui, un pezzo di storia del cinema italiano, uno che ha scritto e diretto tutti i film di Fantozzi, oramai entrati nell’immaginario collettivo. Persino Aurora, mia figlia, che non ne ha mai visto uno, sa chi era Fantozzi e scherza sulla sua nuvola da sfigato. Lavorare con Neri è una scuola incredibile. Poi, con Fabio De Luigi ci ammazziamo dalle risate: da due anni, passo agosto e settembre ridendo. E la risata è la migliore terapia antiage. Assieme alla musica. Mi mantengo giovane così».

È una preoccupazione?
«No, per niente e anche per questo non invecchio. Ho 31 anni con gioia, con la consapevolezza che le donne hanno a quest'età. Sai che cosa vuoi, molto più che a venti. L’amore si cerca dolcemente, si ride tanto, c’è più serenità ed equilibrio».

Le pagine di 'A'
Le pagine di "A"
Insomma, niente le fa paura.
«Certo, ho passato i miei momenti di sconforto, ma sto recuperando grazie all’energia che mi viene dagli affetti. Il primo fra tutti, mia figlia Aurora. E poi, il lavoro. Ho paura del buio. Non sono mai riuscita a dormire senza almeno una candelina accesa. Credo che sia una cosa, come dire.... genetica. E con l'età si è aggravata. Quand’ero piccola i miei volevano che dormissi al buio, mi costringevano a spegnere tutte le luci, anche quella del corridoio. Oggi dormo al buio solo se sono estremamente fidanzata e, a letto, ho accanto un uomo che mi capisce. Anzi, la prossima volta non mi chieda se sono fidanzata. Mi chieda se dormo al buio. Dalla risposta capirà».

In queste notti sta dormendo al buio?
«Ovviamente no. Nella camera accendo riflettori da stadio (ride)».

Che cosa l’aiuta nei momenti tristi?
«Chiudermi a casina, con Aurora, con tutto ciò che ho di più caro e ritrovarmi nell’intimo, in silenzio. Non guardo neppure la tv, non leggo libri o giornali. Il silenzio aiuta a capire ciò che ti fa davvero male. Una volta fuggivo, cercavo di uscire, ma è come nascondere la polvere sotto il tappeto».

Prima accennava ai suoi genitori: con suo padre che rapporto ha avuto?
«Come ogni figlia femmina adoravo mio padre. Lo idolatravo. Ci sono state delle sofferenze, dei passaggi difficili e me l’hanno tolto troppo presto, avevo solo 23 anni quando è morto. Non me lo sono goduto, non ho avuto abbastanza tempo... Non vorrei analizzare questa parte della mia vita...».

Come ha fatto a ritrovare l’intesa con sua madre Ineke dopo anni di gelo?
«Il consiglio che do a tutti è di amare i propri genitori sempre e comunque. Da bambino li vedi infallibili, perfetti, come eroi in carne e ossa, poi, crescendo, arriva un momento in cui scopri che anche loro hanno dei difetti. È traumatico per chiunque, ma sarebbe presuntuoso giudicarli, perché tu stesso hai dei limiti. Bisogna arrivare alla consapevolezza che ai genitori dobbiamo la vita e che loro ci ameranno sempre e comunque, anche quando, magari senza volerlo, ci hanno fatto tutto il male possibile. Perché persino in questo caso sono stati dei maestri, insegnandoci che cosa non si deve fare, che cosa non bisogna ripetere. C’è gente che non parla per anni con i genitori, a me è successo. Ma questo aggiunge solo sofferenza, ti rovina la vita, meglio accettarli e amarli per ciò che sono, perché loro ti amano e se non ti amano fa lo stesso…».

E i fantasmi dei traumi infantili? Come se n’è liberata?
«Le persone che hanno avuto la fortuna di soffrire prima, da piccoli, sono più forti. È un po’ come i cani randagi che, rispetto a quelli cresciuti nelle case, sopravvivono quasi a tutto. Chi ha sofferto mancanze dai genitori, sa stare al mondo, chi invece è stato sempre protetto a chioccia, non sempre sa confrontarsi col dolore. Per questo ci sono dei ragazzi che la prima volta che prendono un brutto voto a scuola si suicidano. Non è un bene far credere ai figli che tutto sia facile».

Anni fa aveva in mente di impegnarsi attivamente contro la droga: come mai?
«La sentivo e la sento tuttora come una minaccia molto vicina, visto che sono mamma di una figlia adolescente. Ad Aurora ho parlato con molta sincerità, cercando di metterla in guardia dal rischio di caderci dentro per non sentirsi esclusi dagli altri. Quando arrivai in Italia avevo 16 anni e ho vissuto per un anno e mezzo vicino a Bologna: avevo degli amici che sono morti per la droga, uno dietro l’altro. Ne rimasi scioccata, mi sembrava un film di Dario Argento e capii quanto forte fosse questo problema, tutta una folla di ragazzi che nelle discoteche sembravano scimmie, con l’occhio vitreo e la mascella che si muoveva a scatti, pronti a “calarsi” di tutto, a farsi di ecstasy perché “fa figo”. Si comincia così, poi ci sono persone che non ne vengono più fuori».

Ha provato?
«Non ho voglia di parlare di quello che ho fatto io. Ripeto: sono rimasta spaventata dalla morte di alcune persone è per questo che intendo affrontare l’argomento e contribuire in qualche modo alla lotta contro la droga. Magari con dei video o con una campagna d’informazione».

Le è cambiata l’espressione: perché è sulla difensiva?
«Non è questo, stavo pensando a cosa posso dire e cosa no».

Le pagine di 'A'
Le pagine di "A"
Torniamo al lavoro: farà un terzo film di Natale?
«Se fosse per me continuerei anche tutta la vita. Ma avrei voglia - e ne ho parlato con Aurelio De Laurentiis - di confrontarmi con un genere di commedia più articolata, magari con Veronesi. Intanto guardate il film di quest’anno e giudicate da voi quanto sono cresciuta come attrice. Insomma, per concludere, vorrei lavorare con Tornatore. Scherzò, però… Mai dire mai».

Dove passerà il Natale?
«Sicuramente in famiglia. A casa con Aurora e con i miei».

Anche con Eros Ramazzotti?
«Sì, almeno un giorno. Ci piace riunire la famiglia».

Rimpianti con lui o nel suo passato in genere?
«No, pensandoci seriamente, dico di no. E non ho neppure rimorsi. Ma questo dipende dalla mia impostazione positiva. Non ho mai visto la vita come un film di Frank Capra e ho sempre pensato che la sofferenza, dopo, ti fa apprezzare di più le cose belle. Forse perché noi svizzeri siamo così, educati allo sport, abituati ad allenarci per due ore, solo per avere due minuti di gioia. È una filosofia di vita: se non vedi qualcosa, di pesante o difficile, come fine a se stessa, ma inserita in un contesto armonico, fai meno fatica».

Ha avuto sua figlia a 19 anni, le piacerebbe avere un altro bambino?
«Moltissimo e non l’ho mai negato. Ne vorrei più di uno. Ma…».

Ma?
«Niente ma, li avrò. Quando dormirò al buio (ride). E Aurora sarà talmente grande che farà da baby sitter».

Potrebbe anche essere una neo -mamma single…
«No, non mi piace stare sola. E questo al di là delle storie d’amore. Mi fa sentire bene l’aggregazione, lo spirito di gruppo. Mi piace sentire il calore, le voci e il profumo di una lasagna nel forno quando torno a casa. La condivisione è il fil rouge della mia vita».

Lo pensa davvero o è un messaggio per qualcuno?
«Prima ero molto più presuntuosa, come tutti i ventenni pensavo di poter cambiare il mondo o la testa delle persone. Oggi mi ritengo soddisfatta se riesco a essere il più possibile me stessa, se regalo al pubblico un momento di leggerezza, se riesco a far sorridere. Basta dire, ho voglio di fare e di essere. Essere è meglio che annunciare di voler essere. Vale lo stesso per la fede in Dio, non occorre parlarne, anche questa è un’emozione così intima… E poi è molto più importante comportarsi in modo coerente con ciò in cui si crede».

Lei è adorata dalle mamme e dai bambini, ma è anche un sex-symbol. Che cosa la lusinga di più?
«Il mio obiettivo è sempre arrivare alle donne e ai bambini, se fai divertire loro è fatta. Anche perché se la donna non ti percepisce come rivale, i mariti seguono giocoforza. Quando mi fermano per strada per chiedermi gli autografi, quasi sempre sono fidanzate o mogli che me lo chiedono per il loro uomo: “Sai? Ha una pazzia per te”. Non rappresento una rivale perché non lo sono. Non sono una donna che seduce, per indole non riesco a pormi così. E, intendiamoci, non critico chi punta sulla seduzione. La Bellucci, per esempio, emana sensualità di natura. Io non sarei credibile».

Non ha mai preso l’iniziativa con gli uomini?
«Altroché! Sempre io! Ora basta, però, voglio essere corteggiata. Niente nomi, ma ho fatto delle dichiarazioni di amore a un paio di persone che tutt'ora le ricordano, dicendomi che non hanno mai più incontrato una donna capace di esprimere con tanto coraggio i propri sentimenti. Però mamma mi dice sempre (ridendo imita in modo buffo l’accento tedesco di Ineke): “Non defi prendere tu iniziativa, sennò uomo, sicuro di te, non ti ama più o ama anche un’altra”…».

Le pagine di 'A'
Le pagine di "A"
Che cosa augura a se stessa?
«Di avere attorno a me sempre più persone che mi somigliano nel modo di vedere la vita, nel cazzeggio. È così difficile trovare l’intensità nei rapporti con gli altri. E invece io ne ho bisogno, almeno quanto la cioccolata. E ora, vorrei approfittare di questa intervista con “A” per fare un appello».

Prego.
«L'anno scorso sono morti assiderati decine e decine di senzatetto nelle nostre città. Mi rivolgo ai comuni italiani: basterebbe risparmiare 100 mila euro negli addobbi o nelle luci natalizie per comprare delle coperte termiche e donarle a chi dorme all'aperto. Non si può continuare a ignorare chi muore per strada. Che Natale sarebbe?».




22 dicembre 2008

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